Morte del ciclista in seguito a sinistro con un’auto: risarcimento ai familiari

Premessa: il cd. utente debole

La legge del più forte è anacronistica e primitiva e ha contribuito a creare categorie di automobilisti che pensano che andare veloce, usare il clacson per far spostare pedoni e ciclisti o sorpassare questi ultimi sfiorandoli, sia una prova di virilità.

Nel 2018, pedoni e ciclisti - i cosiddetti “utenti vulnerabili” - hanno rappresentato il 29% del totale delle vittime di incidenti stradali in Europa e il 25% in Italia. Tra 2010 e 2018, sulle strade europee sono morti 51.300 pedoni e 19.450 ciclisti. Sono questi i dati salienti che emergono dall’ultimo rapporto Etsc (European Transport Safety Council: Consiglio Europeo della Sicurezza dei Trasporti).

La riforma che ha portato all'introduzione delle nuove fattispecie di omicidio e lesioni stradali (ne parliamo in un nostro precedente articolo https://bit.ly/3fdslgI) è il frutto di una spinta politica conseguente a fatti anche molto gravi che avevano ricevuto un'importante attenzione mediatica e rispetto ai quali Associazioni di categoria e parenti delle vittime chiedevano a gran voce una risposta forte.

Un’altra rivoluzione che inizia a compiersi è l’uso dei mezzi elettrici: l’incremento del loro utilizzo diminuirà il traffico di auto e probabilmente farà comprendere che la strada non appartiene solo agli automobilisti.

Negli ultimi anni le nostre strade si stanno infatti riempiendo di mezzi di locomozione a propulsione elettrica, per i quali sorge però l’esigenza di un inquadramento all’interno del Codice della Strada, sia per tutelare la sicurezza sulla strada, sia perché regole più chiare incentiverebbero sicuramente la mobilità elettrica. La nuova tendenza è sicuramente la bicicletta elettrica. Facciamo distinzione tra le varie tipologie: la bicicletta a pedalata assistita, è quella dotata di un motore ausiliario elettrico avente potenza nominale continua massima di 0,25 kW la cui alimentazione è progressivamente ridotta e infine interrotta quando il veicolo raggiunge i 25 km/h o prima se il ciclista smette di pedalare; la bicicletta a pedalata assistita deve inoltre avere una potenza massima di 250 watt. Questo tipo di mezzo è considerato dal Codice della Strada (art 50) un velocipede e quindi soggetto alle previsioni dell’art. 68 CdS in quanto a dispositivi di equipaggiamento e alle modalità della guida. Poi ci sono invece le biciclette a motore, in grado di muoversi senza il lavoro muscolare del conducente, che spesso raggiungono velocità ragguardevoli e che, spesso senza che il conducente ne sia a conoscenza, sono in realtà ciclomotori, che circolano senza essere immatricolati e senza assicurazione. I ciclomotori necessitano infatti, per circolare su strada pubblica, di immatricolazione con conseguente rilascio di carta di circolazione e apposizione di una targa, devono essere assicurati e il loro conducente deve essere in possesso di patente di categoria AM ed indossare il casco,  pena l’irrogazione di sanzioni amministrative in caso di violazione di tali regole.

È di pochi giorni fa la notizia della tragedia consumatasi lungo la statale 170 tra Barletta e Andria dove, stando a quanto già accertato, i ragazzi sarebbero stati travolti da un furgone mentre erano in tre sulla stessa bici elettrica e viaggiavano al centro della strada al buio e con le luci spente.

Quale risarcimento per il ciclista morto in seguito all’investimento di un’auto?

Veniamo ora all’aspetto civilistico, ossia al risarcimento che consegue in seguito ad un incidente stradale tra una bici e un’auto che provoca la morte del ciclista.

Nonostante quanto detto in premessa, ossia che il ciclista è l’utente debole, spesso si ritiene che quando questo ultimo sia urtato o investito da un’auto abbia sempre ragione: la bicicletta, per il codice della strada, è un veicolo e come tale chi la conduce deve attenersi alla regole del codice della strada e, in caso di incidente, si applica l’articolo 2054 codice civile che prevede una presunzione di colpa, in assenza di prove, concorsuale al 50%. Questo significa che, in caso di incidente stradale che veda coinvolto un ciclista, prima di valutare la richiesta di risarcimento del danno da parte degli aventi diritto all’assicurazione dell’automobilista, bisognerà controllare che il conducente sul sellino abbia rispettato il codice della strada.

Se viene fornita prova contraria alla presunzione di colpa del ciclista e viene accertato il comportamento colposo (o doloso) dell’automobilista, l’art. 2043 c.c. obbliga questo ultimo a risarcire il danno cagionato dal fatto illecito commesso.  I danni risarcibili a titolo di responsabilità extracontrattuale possono avere natura sia patrimoniale che non patrimoniale: mentre ai fini della risarcibilità dei primi è sufficiente che sussistano tutti gli elementi costitutivi dell’illecito delineati dall’art. 2043 c.c., i danni non patrimoniale sono risarcibili nei soli casi previsti dalla legge, cioè secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dall’art 2059 c.c.

Circoscrivendo l’analisi all’ipotesi in cui dal sinistro stradale  derivi la morte del ciclista, i familiari, possono chiedere i danni patrimoniali nelle forme del danno emergente (spese sostenute)e del lucro cessante (consistenti nella perdita dei benefici economici che la vittima destinava loro o per legge, ad es., ex artt. 143 o 147 c.c., danno che può essere liquidato sia in forma di rendita (art. 2057 c.c.), sia in forma di capitale. In capo ai congiunti può poi sorgere il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale che trovi causa diretta ed immediata nel fatto dannoso, con conseguenza dei congiunti ad agire iure proprio, quali danneggiati in via diretta dal fatto illecito per la perdita del rapporto parentale. Ad esempio i congiunti potrebbero lamentare il peggioramento delle proprie abitudini di vita e la compromissione delle esigenze familiari.

Diverso è invece il danno non patrimoniale subito dalla vittima e acquisito nel patrimonio giuridico di questa che, al momento della morte, viene trasferito in via ereditaria.

Infatti, qualora la vittima sia rimasta in vita per un lasso di tempo apprezzabile dopo l’evento lesivo, i prossimi congiunti potranno agire per ottenere  il risarcimento del cd. danno biologico terminale, consistente nell’invalidità temporanea totale subita dalla vittima dall’evento lesivo  fino alla morte, calcolabile sulla base delle tabelle relative all’invalidità temporanea, moltiplicando il valore che risulta dal calcolo per i giorni di sopravvivenza della vittima. A tale tipo di danno può sommarsi il cd. danno catastrofale qualora venga dimostrata un’intensa sofferenza psichica patita dalla vittima per aver assistito allo spegnimento della propria vita.

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